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Uscita: SA2-2007 Gita1 / Mont Gele’



Corso: SA2-2007
Data: 11/03/2007
Partecipanti:


Itinerario: Mont Gele'
Quota iniziale : 2418
Quota finale : 3518
Dislivello totale : 1100
Esposizione :
Difficolta' : BS
Localita' di partenza :
Regione :
Zona : Alpi Pennine

2 commenti su “Uscita: SA2-2007 Gita1 / Mont Gele’”

  1. Sul finire della risalita, quando ormai mancavano poco meno di 100 mt di dislivello dalla vetta, scorgo in lontananza uno degli istruttori fermarsi sul margine della traccia, tirar fuori la pala e mettersi di gran lena a vangare. Nel giro di un nano secondo ha gia’ scavato un bel po’ e prima ancora che sopraggiungesse Mammolo vi e’ gia’ sparito dentro. Curioso davvero! Ma sul piu’ bello Monica richiama la mia attenzione pregandomi di piantarla di continuare a pestargli le code. La spedisco sottovoce in un luogo assai piu’ caldo e torno con lo zoom ad inquadrare quanto stava per accadere. Vedo che nel frattempo il Pecchio e’ gia’ sgusciato fuori dalla fossa e che si dirige con poderose falcate dritto verso la cima. Udendo provenire dalla buca lamenti dell’ordine tale che rimanervi indifferenti sarebbe stato disumano, fummo costretti ad avvicinarci al sito con circospezione e prudenza, quella stessa che in simili circostanze la cronaca di oggigiorno suggerisce quando si e’ troppo tardi prossimi ad un cassonetto della spazzatura. Fu cosi’ che, nell’oramai insperata incredulita’ generale, vi trovammo dentro un maschietto abbandonato al proprio destino. Un bel pupone di almeno 80 kg, al quale la Paola volle dare il nome di Sergio, giacche’ le ricordava tanto un suo ex, mollato malamente secoli fa, sostenendo infine che doveva assolutamente adottarlo, per redimersi una volta per sempre da quella colpa che seguitava a perseguitarla. Solo a stento siamo riusciti a dissuaderla, paventandole che il fagotto non solo era troppo ingombrante per stiparlo in uno zaino da soli 30 lt, ma che le sarebbe costata una vera fortuna di coca e steroidi trascinarselo appresso. Abbiamo quindi concordato di lasciarlo temporaneamente li’ dove il Pecchio aveva scelto di partorire, con l’impegno solenne che saremmo ripassati a ritirarlo subito dopo avere conquistato la cima. Cosi’, giurando e spergiurando, ci siamo rimessi in cammino, con il pupo che nel mentre frignava come l’ultimo dei pinguini rimasto nella calotta glaciale. Pensa un po’!…chi lo avrebbe mai detto?! E si che parecchie persone mi avevano riferito della Righini che forma gli istruttori nel suo seno e che percio’ sembrano tutti fatti (o fatti tutti?) con lo stampino. Ma non sospettavo mica che si replicassero esattamente cosi’! Quasi come fossero fiori: prendi un istruttore maturo, aggiungi la stagione giusta, polvere di neve quanto basta, il volo di un’aquila o un filo di vento! et voila’, le jeux son fait! Ecco a voi un nuovo, simpatico, indimenticabile, unico Istruttore Righini! Pronto all’uso, con ricerca Arva di fine gita sigh! inclusa nella programmazione.
    E quindi cosi’ nacque anche il Grande Leonardo, mi dico mentre questi ci ordina di ‘battere una enorme valanga’. Per impollinazione da neve fresca, !mortacci!Ma adesso non e’ tempo ne’ per imprecare ne’ per distrarsi. Ci sono ben due sventurati che un infame destino ha appena seppellito sotto la neve, vicini vicini. E il mio Arva proprio adesso da i numeri – benche’ appena acquistato dalla Righini con tanto di revisione promessa !Ma che dico i numeri, i bip! Bip, bip-bip, bip-bip-bip, !ma chi c’e’ rimasto ancora sotto, sara’ mica un istruttore? – Vada avanti con la greca e non faccia tanto lo spiritoso, sig. greco. Forse non l’ha ancora capito, ma proprio sotto gli scarponi c’e’ in gioco il futuro del suo SA2! – Uauh! Adesso capisco eccome, !ho dovuto fare un mutuo trentennale per comprare tutta quanta l’attrezzatura!! Dopo un paio d’ore mi sembra finalmente di sentirne uno respirare. Allora inforco la sonda e inizio a sondare. – E’ qui Capo, ne sono sicuro! e m’immagino zampilli che schizzano verso il cielo come pozzi di petrolio, imbrattando la neve intonsa di un rosso cupo. – Che faccio, scavo? – Sig. greco, come ho teste’ finito di spiegare, a questo punto non deve scavare ma semplicemente segnalare il luogo esatto con un bastoncino. – Mi perdoni Capo, un po’ di compassione! Piantiamone almeno due, a forma di croce, cosi’ un domani qualcuno potra’ pietosamente lasciarvi un mazzolin di fiori! – Come non detto, mi tocca correre alla ricerca di un secondo segnale. Pero’, a pensarci bene tanto torto non ha: dopo averlo ripetutamente calpestato e con la sonda privato della vista, tirarlo subito fuori dalla neve non e’ una saggia idea!meglio lasciarlo ancora un po’ al fresco, che magari gli si raffreddano i bollenti spiriti! Opsss, SPIRITI! L’ho detta grossa, vuoi vedere che adesso ricompare? E’ apparso all’improvviso verso sera, mentre noi tutti eravamo gia’ a tavola con la minestra ancora bollente dentro al piatto. Alle 19,27 in punto, allorquando ha attraversato l’uscio della Crete Se’che fuori era gia’ buio da un pezzo. Nonostante cio’ veniva su dalla valle con gli sci, senza frontale e da solo. La barbetta ispida, bianca per l’eta’ e la gelata, negli occhi azzurri due lingue di fuoco e quel ghigno sardonico che mi poso’ addosso come un macigno sedendosi di fronte a me. Chi sei? gli chiesi – Anche tu della Righini? Lo fui rispose tanti anni fa. Intorno al settanta, mi pare di ricordare. Poi mai piu’. A quel tempo aggiunse – la Righini si era resa famosa perche’ ovunque andasse c’era quasi sempre una valanga in agguato. Poi, senza permesso cosi’ come s’era accomodato si accomiato’, andandosi ad accucciare in mezzo ad un gruppetto di allievi che da ore tentavano di darsi fuoco alle piante dei piedi stando intorno al camino. E da li’ continuo’ a fissarmi con lo stesso sguardo e lo stesso sorriso diabolico. Cosi’ pure anche l’indomani continuai a scorgerlo, a tratti, salire su per la conca che portava al piccolo ghiacciaio dell’Aroletta.. Ed ogni volta, per quanto distante fosse, ebbi la netta sensazione che anch’egli mi stesse osservando, come se per qualche strana diavoleria fosse capace di roteare il capo di 180° senza scomporsi. Ebbene, se lo avete visto anche voi si sara’ trattato di una allucinazione collettiva, con tutta probabilita’ dovuta all’azione combinata delle raffiche di vento e del suino freddo che stagnava in camerata. In caso contrario non mi rimane che smetterla di ciucciare dalla fiaschetta di grappa durante le gite.
    Prima di lasciarvi, permettetemi una menzione speciale per quel gran genio del mio amico, il quale, come se non fosse gia’ abbastanza arrivare da Arezzo puntuale per la gita e dovervi rientrare in tempo per le otto del lunedi’ mattina, si e’ generosamente offerto tanto al recupero delle auto – che in precedenza eravamo stati obbligati a parcheggiare non so bene per quale ragione in fondo alla sottostante vallata di Ollomont – nonche’ alla successiva e conseguente caccia alla Caliman, durata ore.
    Ma glielo volete dare o no il Manuale delle Giovani Marmotte in omaggio come premio di fedelta’?!!
    nik

  2. Dopo una splendida salita, molestata solo da qualche gelida raffica di vento e dal rimorso di aver abbandonato un caro compagno del nostro gruppo, il neonato della Righini, nella buca scavata dal Pecchio, mi seggo sul trono di vetta a godermi il paesaggio eccezionale. Un trono un po’ papale vista la croce alle spalle, un vero papa-re da quella posizione. Ed ecco il Nik che insidiosamente sfila dal taschino un’invitante fiaschetta e mi offre una abbondante sorsata di grappa che mi assaporo di gusto. Da quel momento la gita cambia aspetto, non solo perche’ come ovvio dalla salita si passa alla discesa, ma perche’ le gambe non reggono piu’, la tecnica di discesa fuoripista, tanto costosamente affinata il weekend precedente sul Rosa, regredisce alla prima lezione di SA1, lo zaino gia’ oltremodo pesante (ma quanta ferraglia) si fa insopportabile. Insomma una discesa da dimenticare, anzi da ricordare per fare di meglio (altrimenti perche’ fare il corso). Mi riprendo solo durante la spiegazione del Pecchio sulla minigreca durante le prova di ricerca ARVA (dormivo li’ seduto sul muretto, sotto le lenti scure degli occhiali e il Pecchio avra’ notato per un po’ che non facevo domande sull’argomento spiegato). Mi risveglio giusto per la mia prova arva come se niente fosse.
    Perdono il Nik dello scherzo alla grappa e lo ringrazio della menzione speciale che mi fa. Effettivamente il Manuale delle Giovani Marmotte non l’ho mai avuto, mentre ho entrambi i manuali relativi allo scialpinismo, pur se da leggere meglio, come ha dovuto constatare il Pecchio nella lezione dal vero sull’analisi stratigrafica (si dice cosi’?) del manto nevoso (quanto ho scavato, altro che truna).
    Quanto al sopraccitato neonato Sergio, o piu’ propriamente al cadavere, visto che al bar volevamo, i pochi rimasti dal recupero di macchine e Paola, gia’ dividerne le spoglie (piccozza e ramponi superleggeri in lega ultraspeciale), lo invito a non lasciare il corso; la prossima volta non lo abbandoneremo in buca come un semplice pallino da biliardo, ma lo ospiteremo in una comoda truna, come si conviene ad un neonato della Righini.
    Ciao
    Eugenio

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