Introduzione
Lo scialpinismo è sempre stato il modo con cui la gente percorreva le montagne d’inverno. Solamente prima dell’ultima guerra mondiale lo scialpinismo ha cominciato a diventare uno sport prima per procurarsi il piacere della discesa, poi per il puro gusto di frequentare le montagne in una stagione difficile, ma così attraente e diversa da quella conosciuta d’estate. I materiali e le tecniche erano rudimentali, ma la voglia di andare in montagna tanta. Proprio per sopperire alla mancanza diffusa di conoscenze, i pochi depositari del “sapere” si sentivano in certo qual modo “obbligati” a trasferire ai più giovani la loro esperienza: a quel tempo era anche più diffusa di oggi la missione di far conoscere le montagne, meno frequentate e meno esplorate di quanto sia nel nostrosecolo.
La mia Scuola “Righini” e i suoi 40 anni
di Roberto Bez (INSA, direttore della scuola 2001-2005)
Nel 1965, mentre Mario Righini stava sciando fuori dalle piste al Corvatsch, io ero sicuramente in città, a Milano. Avevo 4 anni, lo sci in generale e lo Scialpinismo in particolare mi erano del tutto sconosciuti. Forse a Milano nevicava più frequentemente di adesso e per me era l’unico contatto con la neve.
La mia famiglia era distante dalle montagne e solo mia madre da ragazza aveva avuto la passione per le cime, che mi ha trasmesso, quando naturalmente eravamo in strettissimo contatto. Nel 1989, per recuperare il tempo perso, volevo iscrivermi ad un corso di Scialpinismo per avere tutte le nozioni e le informazioni sulla tecnica necessarie per poter frequentare la montagna innevata.
“Vai alla Righini, al CAI Milano”.
Così semplicemente mi disse un mio amico, quello con il quale avevo fatto la Scuola Militare Alpina, con il quale avevo condiviso i 15 mesi in mezzo alle montagne della Valle d’Aosta. 15 mesi che avevano riattivato la passione per le cime di mia madre.
Così andai alla Righini. Facile iscriversi, avere informazioni, partecipare al corso. Divertente, emozionante, interessante. È così che sono diventato una parte della Scuola. È così che ho appreso lo Scialpinismo. È così che la Righini è diventata una pezzo della mia vita.
Purtroppo non ho mai avuto il piacere di fare gite con nessuno dei fondatori della Righini. Ho conosciuto Fritz Gansser a casa sua a Lugano, ma ormai aveva perso le energie e quindi ho solo un ricordo leggero di quell’incontro. Emilio Romanini invece tenne il discorso per i 25 anni della Righini, proprio al rifugio Branca. Io ero allievo del SA2 e mi ricordo che, al ritorno da una lunga gita, ci tenne un discorso che mi sembrò infinito. Così di entrambi ho solo bellissime immagini riflesse, per quello che ho letto, per i racconti di quelli che li hanno conosciuti, per le tracce che hanno lasciato nella creazione e nella conduzione della Scuola.
Invece i miei maestri sono stati gli istruttori della seconda generazione. Non posso dimenticare quanto mi ha insegnato di Scialpinismo Ernesto Bassetti durante il corso SA1, nel 1989. È lui che mi ha formato e trasmesso la passione per la neve, come elemento naturale, vivo. E poi Lino Trovati, bastava guardarlo andare in montagna e provare a seguirlo per imparare e per “rubargli il mestiere”. Giangi Vandoni, sempre piacevole ed equilibrato, fonte inesauribile di racconti; Checco Marcon con la simpatia e la grande stima reciproca; Guido Coppadoro, tecnica e ragione, Gianfranco Pieretti, grande insegnante, e che superba tecnica sciistica; Angelo Volpi, con la sua grande dedizione alla Scuola.
Ma il vero riferimento della Righini per me è stato e tuttora rimane Angelo Brambilla. Alla serata inaugurale del corso SA1 presento sempre Angelo come il “vero motore della Scuola”. Se oggi la Righini è una Scuola ancora molto attiva e vivace, credo lo si debba soprattutto a lui. Ho sempre invidiato ad Angelo la capacità di parlare, anche durante le gite, di raccontare di tecnica scialpinistica, di CAI, di vela, di politica. Sempre attento agli altri, ponendo le giuste domande. Fortissimo in salita e con tecnica efficace in discesa. Recentemente in gita non parla piú tanto. Ma è solo questione di allenamento. Mi verrebbe da dargli un consiglio, opposto a quello che si dà ai ragazzi: “vai meno all’Università e fai più gite!”
Ho sempre provato un grande affetto per Paolo Re e Ettore Scanavini. Di Paolo conservo dei bellissimi ricordi, soprattutto al lago, quando veniva a trovarci alla spiaggia di Ronco della Monache, a poca distanza da Maccagno. È li che l’ho visto l’ultima volta, sorridente.
Quando Ettore era direttore del corso SA1 ho avuto la fortuna di essere il suo vice. Mi ha insegnato tantissimo e anche di lui ho dei ricordi molto belli. Una volta, ero già direttore del corso SA1, in cima al Mont Telliers, impettito e fiero, ho fatto l’inquadramento topografico ai ragazzi del corso. Solo finita la dotta spiegazione, Ettore mi si era avvicinato e, prendendomi in disparte, con delicatezza mi fece notare che avevo scambiato il Gran Combin con il Mont Velan. Quando arrivo in cima ad una montagna col bel tempo, e posso fermarmi un po’ per guardarmi attorno a rimirare il panorama esteso, penso sempre a mia madre e ad Ettore.
1965: nasce la “Righini”
Vi era nell’ambito del Club alpino un terreno di cultura molto fertile per le nuove iniziative e per diffondere le conoscenze alpinistiche: il Club alpino accademico italiano, sezione del CAI. Nel 1964 alcuni accademici frequentavano insieme la montagna di inverno e d’estate; intorno a loro un folto gruppo di amici partecipava all’attività scialpinistica. Uno di loro, Mario Righini, moriva nella stagione invernale 64/ 65 sotto una valanga sciando fuori pista al Corvatsch.
Per ricordarlo, i suoi amici decisero subito di farsi promotori della costituzione di una scuola di scialpinismo presso la sezione di Milano del CAI. A quel tempo stavano nascendo in Italia le prime scuole di sci alpinismo e ne funzionava già una a Torino, organizzata dalla SUCAI; era appena nata la Commissione nazionale scuole di sci alpinismo del Club alpino che avrebbe aiutato lo sviluppo di questa attività, ma si trattava sempre di un’impresa pionieristica. L’idea della scuola a Milano era stata presa a cuore soprattutto da Gansser, Romanini, Negri, Gallotti, Contini. Tutti accademici, avevano alle spalle un’importante storia alpinistica: Gansser, ex ufficiale dell’esercito svizzero aveva passato gli inverni di guerra al comando di un gruppo di uomini sempre in montagna; Romanini, era posseduto dal sacro fuoco della montagna e del CAI; Negri rappresentava un punto di riferimento del mondo alpinistico lombardo; Contini metteva a disposizione la sua esperienza nell’accompagnamento; Gallotti era un veterano del K2.
Nell’ambito della sezione di Milano del CAI la naturale collocazione della nuova scuola era presso lo Sci CAI, che svolgeva già da tempo una concreta attività di istruzione per tutti coloro che volevano imparare a sciare sia in pista sia fuori pista. Nell’ottobre 1965 l’allora direttore della scuola di sci, Franco Lanza, accetta la richiesta di Romanini di collaborare alla costituzione della nuova scuola di sci alpinismo.
Un successo di gruppo
Gansser, Romanini e Lanza si accollano la maggior parte degli oneri di organizzazione: il primo si dedica alla messa a punto delle tecniche didattiche, alle scelte da compiere sul terreno, all’organizzazione generale; il secondo alla sensibilizzazione del vasto gruppo di amici che sostenevano la scuola, alla raccolta di fondi, ai contatti con la sezione di Milano; Lanza agli innumerevoli adempimenti che nascevano giorno dopo giorno.
Ben presto i versamenti di più di 100 amici – fra essi Franco Brambilla, che fu presidente del Touring Club ed ebbe nel 1983 una medaglia d’oro dal CAI – permettono di acquistare il materiale necessario, stampare il primo depliant per spiegare ciò che la scuola si propone e costituire anche un fondo di riserva in caso di necessità. Le serate presso la sezione CAI o casa Gansser non si contano: bisogna capire il taglio da dare alla scuola, decidere un giusto equilibrio fra didattica e divertimento, trovare gli istruttori, preparare le schede di valutazione degli allievi, il depliant pubblicitario, le schede di iscrizione, scegliere le gite, prenotare il pullman e pensare a tanti particolari che sembrano irrilevanti ma che diventano importanti affinchè tutto il meccanismo “giri” in modo soddisfacente. Gansser porta nell’organizzazione la sua precisione svizzera e la sua esperienza alpinistica e militare; Romanini il suo entusiasmo, la sua capacità organizzativa; entrambi utilizzano la propria rete di conoscenze nel mondo della montagna, molti si prestano per accompagnare le prime uscite sul terreno. Nell’aprile del 1966 comincia il primo corso che si conclude con un grande successo. La notorietà e il carisma dei fondatori fanno subito diventare la scuola punto di riferimento dello scialpinismo lombardo ed anche italiano.
“Un 4000 con lode”
Nel 1967 nasce l’idea di girare un film divertente, ma soprattutto avente lo scopo di diffondere le tecniche, la didattica e insegnare in modo semplice un corretto approccio per frequentare le montagne in sicurezza. Questo infatti è sempre stato il principale assunto di tutte le scuole italiane di scialpinismo e in particolare della “Righini”: limitare al massimo gli inevitabili pericoli oggettivi che si incontrano nel frequentare la montagna invernale. Il film è ideato e realizzato nel 1967.
Il titolo sarà Un 4000 con lode; regista e operatore Adalberto Frigerio il quale, peraltro già noto, è diventato in seguito famoso; protagonisti cinque istruttori della “Righini”. Il film vince il primo premio della sezione scialpinismo del Festival di Trento, ha grandissimo successo ; viene doppiato in numerosissime lingue, giapponese incluso, e diventa un riferimento per le sezioni e le scuole del Club alpino. Da quel momento la “Righini”, animata soprattutto da Gansser e Romanini, diviene un centro motore di ricerche didattiche e di proposte per le scuole dello scialpinismo italiano
Il servizio valanghe e le pubblicazioni
Sorge presto la necessità di avere attendibili bollettini valanghe; grazie ai buoni rapporti con l’Istituto del Weissfluejoch di Davos nasce il Servizio valanghe del Club alpino italiano che si afferma presto come interlocutore autorevole di numerosi enti pubblici. La documentazione raccolta da Gansser costituisce il primo nucleo per numerose pubblicazioni didattiche sul tema delle valanghe, utilizzate anche dalla Scuola centrale di scialpinismo, nata in quegli anni, e da numerose scuole dell’epoca.
I corsi sulla neve e sulle valanghe progettati e sperimentati per la scuola vengono aperti agli istruttori delle scuole lombarde e costituiranno poi la base di insegnamento del servizio valanghe del CAI. Gli istruttori della “Righini” si occupano di tradurre i manuali svizzeri che raccolgono le gite di scialpinismo vicine all’Italia e pubblicazioni utili sulle valanghe. Nel 1985 Fritz Gansser organizza e coordina la staffetta scialpinistica internazionale che attraverserà le Alpi partendo contemporaneamente da Trieste e da Nizza per arrivare in perfetto sincronismo al San Gottardo: ancora un volta alcuni istruttori della Righini sono pronti a collaborare all’iniziativa aiutando l’amico Gansser.
Gli uomini della “Righini” vengono chiamati nella Commissione Nazionale Scuole di scialpinismo e contribuiscono alla unificazione con la Commissione Scuole di Alpinismo; partecipano alle nascenti Commissioni regionali e sono attivi sia nella Sezione sia nel CAI nazionale: danno insomma un contributo significativo al CAI sulla base delle esperienze portate avanti nella scuola.
Il corso avanzato
Nella prima metà degli anni ’70 la scuola organizza una settimana di alta montagna nel gruppo dell’Oberiand Bernese, riservata agli allievi che avevano ottenuto l’agognato distintivo: si erano cioè dimostrati in grado di muoversi in montagna con una certa autonomia. Durante i primi tre giorni di pessimo tempo, Gansser propone a tutti un martellante programma di esercitazioni e di didattica; poi con il bel tempo vengono salite quattro cime di quasi quattromila metri per la gioia degli occhi e del cuore.
Era nato il primo corso avanzato della Righini. Prima di rendere organico questo tipo di corso passeranno però alcuni anni; solamente nel 1978 esso assume forma continuativa. Dopo Lanza e Gansser alla direzione della scuola si avvicenderanno nel tempo Paolo Re, Giorgio Ragni, Angelo Brambilla, Francesco Marcon, Guido Coppadoro, Gianluigi Vandoni, Angelo Volpi, Roberto Bez, tutti istruttori nazionali di scialpinismo, che hanno continuato ad organizzare i corsi nel solco della tradizione di serietà e rigore tecnico tracciato dai fondatori.
La scuola ottiene presto la qualifica di “nazionale” come riconoscimento dell’attività svolta (titolo poi abolito per tutte le scuole italiane); i suoi istruttori si rinnovano continuamente con iniezioni di numerose giovani leve che frequentano i corsi nazionali e regionali: nel 2001 l’organico è formato da circa 40 istruttori e aiuto-istruttori. Ogni anno frequentano i due corsi della scuola un’ottantina di allievi che ricordano con piacere e gratitudine l’insegnamento avuto, diffondendo fra amici e compagni di gita i criteri dell’andare in montagna con sicurezza.
Il discorso ufficiale di Guido Coppadoro
di Guido Coppadoro (INSA, direttore della scuola 1991-1996, 2005-)
Cari amici,
sono stato invitato a preparare un piccolo riassunto del progresso compiuto dagli ARVA in questi ultimi anni , sia come apparecchi che come tecnica di ricerca, visto che alcuni tra voi hanno partecipato ai nostri corsi non pochi anni fa.
Troverete quindi un estratto del Manuale del CAI “Sci Alpinismo” (ed. Maggio 2004) contenente lo stato dell’arte per quanto riguarda la tecnica di ricerca con ARVA, sia analogici che digitali. Per maggiori approfondimenti vi invito ad acquistare il manuale stesso.
Per quanto riguarda gli ARVA digitali, che oramai sono gli unici proposti nei negozi, vorrei sottolineare come il loro uso non sia assolutamente banale, per cui raccomando a coloro che lo posseggono o lo possederanno di dedicargli molta attenzione per assimilarne l’uso in modo approfondito. Spero che in questi giorni si possa dedicare uno spazio alla ricerca sia con apparecchi analogici che digitali. Poiche’ pero’ da cosa nasce cosa, ho pensato di approfittare della preparazione di questo fascicoletto facendo precedere gli aspetti tecnici da altre pagine che mi sembrano utili per commemorare nel migliore dei modi il nostro anniversario. Ho quindi inserito l’articolo, comparso un paio di anni fa, sulla storia della Righini, scritto da Angelo per una pubblicazione del CAI Milano, e lo ho pregato, in qualita’ di nostro ‘decano’, di scrivere due righe per ricordare le
persone che hanno fatto tantissimo per la scuola e che cihanno lasciato in questo ultimo decennio: Fritz Gansser, Emilio Romanini, Giacomo Bonacossa, Ettore Scanavini e Paolo Re. Anche il nostro direttore, Roberto Bez, ci ha inviato un simpaticissimo personale ‘amarcord’, che trovate subito dopo.
Perche’ non andiate in giro, in questi giorni o in una eventuale altra occasione, senza una idea precisa della zona, vi ho inoltre allegato una breve descrizione delle possibili gite attorno alla Branca, estratta dal libro di Boscacci “Sci Alpinismo in Alta Valtellina”, accompagnate da tre fogli della moderna Cartina Tabacco al 25.000 e da una cartina storica della zona, al 50.000 del TCI del 1937, modificata dallo SCI CAI Milano con l’aggiunta degli itinerari scialpinistici, sempre tuttora validi. Interessante notare la diversa estensione dei ghiacciai, che probabilmente troveremo ancora piu’ ridotti.
Buona lettura a tutti,