Lo scialpinismo è sempre stato il modo con cui la gente percorreva le montagne d’inverno. Solamente prima dell’ultima guerra mondiale lo scialpinismo ha cominciato a diventare uno sport prima per procurarsi il piacere della discesa, poi per il puro gusto di frequentare le montagne in una stagione difficile, ma così attraente e diversa da quella conosciuta d’estate. I materiali e le tecniche erano rudimentali, ma la voglia di andare in montagna tanta.
Proprio per sopperire alla mancanza diffusa di conoscenze, i pochi depositari del ” sapere ” si sentivano in certo qual modo ” obbligati ” a trasferire ai più giovani la loro esperienza: a quel tempo era anche più diffusa di oggi la missione di far conoscere le montagne, meno frequentate e meno esplorate di quanto sia nel nostro secolo.
Vi era nell’ambito del club alpino un terreno di cultura molto fertile per le nuove iniziative e per diffondere le conoscenze alpinistiche: il Club Alpino Accademico Italiano, sezione del CAI. Nel 1964 alcuni accademici frequentavano insieme la montagna di inverno e d’estate; intorno a loro un folto gruppo di amici partecipava all’attività scialpinistica. Uno di loro, Mario Righini, moriva nella stagione invernale 64/ 65 sotto una valanga sciando fuori pista al Corvatch. Per ricordarlo, i suoi amici decisero subito di farsi promotori della costituzione di una scuola di scialpinismo presso la sezione di Milano del CAI. A quel tempo stavano nascendo in Italia le prime scuole di sci alpinismo e ne funzionava già una a Torino, organizzata dalla SUCAI; era appena nata la Commissione Nazionale Scuole di Sci Alpinismo del club alpino che avrebbe aiutato lo sviluppo di questa attività, ma si trattava sempre di un’impresa pionieristica.